Design: Vignelli 1954-2014
Un milanese a New York

4 Aprile 2019

Massimo Vignelli, fra i massimi graphic designer del Novecento, è stato un eroe dei due mondi la cui biografia quasi ci spaventa: solo stelle nella sua vita professionale, raccontata ora anche in italiano grazie al prezioso volume Design: Vignelli 1954-2014 (Electa), versione aggiornata di un libro omonimo del 1990, curato per questa occasione da Beatriz Cifuentes-Caballero, ma impostato dallo stesso Vignelli prima di morire. Le parole aggiunte in basso sulla copertina sono “grafica, packaging, architettura, interni, arredi, oggetti”. Già il fatto che l’autore abbia letteralmente disegnato la sua opera omnia e perfino il suo funerale, fa capire quanto fosse erede del modello del total designer varato da Walter Gropius con il Bauhaus, di cui quest’anno ricorre il centenario. E proprio come un fanatico Vignelli si autodefinisce, quando partecipa diciottenne al VII CIAM di Bergamo del 1949, quello sulla sintesi delle arti (e dove c’è una piccola mostra omaggio a Giuseppe Terragni), che certo è un bel vedere per chi come lui sta aprendo gli occhi e si sta iscrivendo al Politecnico di Milano. Passerà poi allo IUAV di Venezia, dove impagina il giornale degli studenti, lavora per la celebre ditta di vetri d’arte Venini, e dà importanza anche agli aspetti più trascurati della vita universitaria, come la segnaletica interna delle aule. In laguna conosce una studentessa friulana, Lella Valle, sorella degli architetti-designer Gino1 e Nani2, che diventerà sua moglie e partner professionale, anche se, analogamente al caso della coppia Venturi & Scott Brown, per molti anni il ruolo decisivo di Lella faticherà a essere universalmente riconosciuto: la loro è sempre stata “una matita a quattro mani”3. Le prime collaborazioni sono con architetti milanesi, certo non sconosciuti: Giulio Minoletti, specializzato nel disegno industriale, e Giancarlo De Carlo, giovane ma già nell’orbita dei CIAM. Di lì in poi sarà un crescendo rossiniano negli anni dello “stile industriale”4. Grazie anche a una borsa di studio di Lella, la coppia fa un primo soggiorno a New York subito dopo il matrimonio, nel 1957, poi, scaduto il permesso di soggiorno, torna a Milano, dove nasce il primo figlio Luca.

<em>Design: Vignelli 1954-2014</em>, copertina, a cura di Beatriz Cifuentes-Caballero. © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Design: Vignelli 1954-2014, copertina, a cura di Beatriz Cifuentes-Caballero. © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Nel frattempo, anche il paese stava cambiando e Vignelli, come affermerà in uno dei non pochi documentari che gli sono stati dedicati, era sempre più insofferente del provincialismo che in Italia, allora come oggi, si respirava. Il suo ideale era neofuturista, di ricostruzione grafica dell’universo5, e Milano, nonostante la ricchezza di incarichi e confronti con altri colleghi estremamente stimolanti, cominciava a stargli stretta: “A Milano il soffitto era troppo basso; sono venuto a New York pensando che il soffitto fosse alto, e ho scoperto che a New York il soffitto non esiste proprio”. All’epoca le ambizioni universali di Vignelli avevano bisogno di un aiuto, una spalla ulteriore, oltre a quella di Lella: la trova in Bob Noorda, il grafico olandese della metropolitana milanese (1963) con il quale torna allo IUAV come docente di Disegno industriale (nonostante non si fosse mai laureato), e il cammino comune prosegue verso Firenze per ragioni editoriali. Come ha notato Mario Piazza, infatti, negli anni Sessanta a ogni casa editrice importante corrispondeva un nuovo progetto grafico destinato a rimanere negli annali: “Senza tralasciare la lezione di Steiner per Feltrinelli, già felicemente impostata dagli anni Cinquanta, vediamo all’opera Bruno Munari con Einaudi, Mimmo Castellano con Laterza, Anita Klinz con Il Saggiatore, Massimo Vignelli con la Sansoni e le edizioni Schwarz, Giulio Confalonieri e Ilio Negri con le edizioni Lerici. Anche Noorda ne è uno degli artefici, con un progetto molto limpido e originale. Il progetto per le Edizioni Vallecchi”6. In questa triangolazione Milano, Venezia e Firenze (dove si trovano appunto Sansoni e Vallecchi), Noorda e Vignelli collaborano sempre di più, creando di fatto uno sodalizio professionale che si consolida con la storica collana SC/10 Feltrinelli del 1964, quella con la grande F a 45 gradi, e culmina poi formalmente con la creazione nel 1965 di Unimark7: è questo il salto di scala di cui era alla ricerca, quello che riporterà i Vignelli a New York nel fatidico 1966, stavolta definitivamente. Gli altri soci di Unimark sono Ralph Eckerstrom, Jay Doblin, James Fogelman, Wally Gutches e Larry Klein. In pochi anni Unimark apre una dozzina di filiali, perfino in Australia, perché impone non tanto uno stile, quanto un modo di lavorare: “Se è uno stile non è design. Il design è una soluzione professionale a un particolare problema”, ama ripetere Vignelli, ed è così che conquista tutte le grandi corporation americane ristrutturandone l’identità visuale, o corporate identity: Bloomingdale’s, American Airlines, Knoll, Heller, Ford, IBM, The New Yorker, etc. L’affermazione è talmente campale che gli artefici se ne spaventano e si ritirano dalla loro creatura: Noorda perché ha nostalgia di Milano, Vignelli per divergenze con gli altri soci e il metodo sempre più piattamente commerciale.

Massimo Vignelli, Piccolo Teatro di Milano, 1964. © The Museum of Modern Art / Licensed by SCALA / Art Resource, NY.

Massimo Vignelli, Piccolo Teatro di Milano, 1964. © The Museum of Modern Art / Licensed by SCALA / Art Resource, NY.

Ma ormai la frittata era fatta: la “svizzerizzazione” degli Usa era iniziata grazie all’uso massiccio di una sola famiglia di caratteri, l’Helvetica8, che Vignelli maneggia con abilità fin dal suo primo capolavoro, il poster del 1964 per il Piccolo Teatro di Giorgio Strehler e Paolo Grassi, con le grandi linee nere e l’onnipresente, invisibile gabbia, un esempio di chiarezza classicheggiante che riproporrà anche per la segnaletica della metropolitana di New York e la sua leggendaria mappa ottimizzata a 45 gradi – corretta dall’autorità nel 1979 in maniera più convenzionale perché disorientava gli utenti. Nella Grande Mela Vignelli conquista soprattutto la grafica editoriale. Per esempio, nei poster, fascicoli e brochure per gli eventi dell’Institute of Architecture and Urban Studies (1967-1984) diretto da Peter Eisenman9. Lo IAUS diventa allora un’istituzione centrale per la cultura architettonica internazionale e per quella italiana in particolare10: Eisenman invita negli USA Aldo Rossi, Manfredo Tafuri e i loro allievi veneziani (Giorgio Ciucci, Francesco Dal Co, Massimo Scolari, Georges Teyssot) e la rivista arancione Oppositions disegnata pro bono da Vignelli, dove scrivono Rafael Moneo, Bernard Tschumi, Rem Koolhaas, ne diviene la bandiera11. Fra tutti gli architetti, però, quello con cui istituirà un sodalizio più produttivo sarà Richard Meier, ovvero colui che avrà più fortuna professionale negli anni Ottanta e Novanta. Il rapporto, agevolato dal fatto di avere i propri studi nello stesso edificio a Manhattan, sfocia in una serie di pubblicazioni quadrate con un semplice titolo12, dove a cambiare sono solo i colori, una vetta di “modernismo reazionario”, come definisce Kenneth Frampton (ex redattore di Oppositions) l’inclinazione del grafico milanese13, ma si tratta piuttosto di un modernismo manierista, in linea con quello dei membri dello IAUS, così insofferenti verso lo statuto funzionalista gropiusiano delle università americane. Né Vignelli né Meier hanno la brutalità del modernismo delle origini, piuttosto inseguono un formalismo colto e classicamente ricercato. Non è un caso che tra i pochi progetti architettonici vignelliani vi sia un costante riferimento a Palladio, il manierista veneto alla base del mito del bianco che caratterizza tutta l’architettura neopalladiana inglese e quella di Meier. La sovrapposizione fra i due non poteva essere maggiore: Joseph Rykwert ha raccontato a Mario Piazza che una volta gli capitò fra le mani una pubblicazione canadese su Meier, probabilmente l’unica non impaginata da Vignelli. Il raffinato storico inglese, sfogliandolo, ci mise molto tempo a rendersi conto che le opere erano di Meier e non di altri, l’effetto era spiazzante.

Massimo Vignelli, Tredicesima Triennale di Milano, 1964.

Massimo Vignelli, Tredicesima Triennale di Milano, 1964. © The Museum of Modern Art / Licensed by SCALA / Art Resource, NY.

Ad ogni modo, anche gli ultimi decenni sono stati anni di intenso lavoro per lo studio Vignelli, anche in Italia, dove realizza l’immagine coordinata per Lancia (1978), Cinzano (1984), la rivisitazione di grandi marchi come Benetton (1995), Ducati (1997), le etichette dei vini Feudi di San Gregorio (2001), il logo della Fondazione Renzo Piano (2011) e lavori perfino per aziende statali come il logo e gli studi del Tg2 Rai (1989) – dove trova tuttora posto una delle poltrone Frau disegnate sempre da loro, la rossa Intervista del 1988 –, o ancora la segnaletica per le Ferrovie (1999). Il canone Vignelli14 è stato declinato pressoché in ogni direzione, usando pochissimi caratteri, l’Helvetica, ovviamente, un Bodoni e un Roman type rivisitati per i testi più minuti e descrittivi, oggi piuttosto inattuali. Nel documentario Helvetica, Massimo Vignelli compare brevemente affermando che la tipografia in realtà non ha a che fare col bianco e nero, ma solo col bianco – di nuovo, il bianco palladiano – perché i caratteri sono già codificati ed è la distanza fra le lettere quella che conta davvero, un po’ come in musica dove è l’intervallo fra i suoni a determinare una melodia: “Da questo punto di vista, la comunicazione visiva, tramite l’arte, l’artigianato o la produzione industriale che sia, è il risultato di un processo logico, che si basa su un credo di purezza ed essenzialità, su un vuoto che è pienezza assoluta”15.

Calendario Nava, 1976.

Calendario Nava, 1976, Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Rizzoli International Publications, New York, e Beatriz Cifuentes-Caballero. Foto: Elizabeth Torgeson-Lamark (RIT).

Immagine coordinata per American Airlines, USA, 1967.

Immagine coordinata per American Airlines, USA, 1967. Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Programma di grafica e packaging per Bloomingdale's, New York, 1972.

Programma di grafica e packaging per Bloomingdale’s, New York, 1972. Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Manifesto per Knoll International, USA, 1967. Foto: Elizabeth Torgeson-Lamark (RIT). Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Rizzoli International Publications, New York, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Manifesto per Knoll International, USA, 1967, Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Rizzoli International Publications, New York, e Beatriz Cifuentes-Caballero. Foto: Elizabeth Torgeson-Lamark (RIT).

Mappa della metropolitana di New York, 1970. Foto: Reven T.C. Wurman.

Mappa della metropolitana di New York, 1970, Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Rizzoli International Publications, New York, e Beatriz Cifuentes-Caballero. Foto: Reven T.C. Wurman.

Massimo Vignelli, Lella Vignelli, Oppositions 3, 1974.

Massimo Vignelli, Lella Vignelli, Oppositions 3, 1974, © The Museum of Modern Art / Licensed by SCALA / Art Resource, NY.

Tazze impilabili Heller, 1970-1972.

Tazze impilabili Heller, 1970-1972. Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Orologio Halo, Junod, 1994.

Orologio Halo, Junod, 1994. Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Rizzoli International Publications, New York, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Tavolo Serenissimo, Acerbis, 1985.

Tavolo Serenissimo, Acerbis, 1985. Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Stoviglie Colorstone, Sasaki, 1985-1987. Foto: Luca Vignelli.

Stoviglie Colorstone, Sasaki, 1985-1987, Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero. Foto: Luca Vignelli.

Menorah, San Lorenzo, 1995.

Menorah, San Lorenzo, 1995, Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Mondadori Electa, Milano, e Beatriz Cifuentes-Caballero. Foto: Luca Vignelli.

Layout del giornale The Herald, New York, 1971.

Layout del giornale The Herald, New York, 1971. Design: Vignelli 1954-2014, © 2018 Rizzoli International Publications, New York, e Beatriz Cifuentes-Caballero.

Massimo Vignelli, Pneumatici Pirelli, 1963.

Massimo Vignelli, Pneumatici Pirelli, 1963. © The Museum of Modern Art / Licensed by SCALA / Art Resource, NY.

Richard Meier Architect, Vol. 6, Rizzoli International Publications, New York, 2013.

Richard Meier Architect, vol. 6, Rizzoli International Publications, New York, 2013. © Richard Meier & Partners Architects LLP, Los Angeles.

Note

1 Pierre-Alain Croset, Luka Skansi, Gino Valle, Electa, Milano, 2010.

2 Serena Maffioletti, a cura di, La concretezza sperimentale: l’opera di Nani Valle, Il Poligrafo-IUAV, Padova-Venezia, 2016.

3 Massimo Vignelli, “Lella Vignelli”, in Domus, n. 980, maggio 2014, pp. 34-36.

4 Carlo Vinti, Gli anni dello stile industriale 1948-1965. Immagine e politica culturale nella grande impresa italiana, Marsilio, Venezia, 2007.

5 Steven Heller, “Il posto di Vignelli nell’universo”, in Beatriz Cifuentes-Caballero, a cura di, Design: Vignelli 1954-2014, Mondadori Electa, Milano, 2018, pp. 34-36.

6 Mario Piazza, “Lo stile milanese: Bob Noorda”, in Progetto grafico, n. 8, giugno 2007, p. 99; cfr. Id., a cura di, Bob Noorda Design, 24 Ore Cultura, Milano, 2015.

7 Jan Conradi, Unimark International. The Design of Business and the Business of Design, Lars Müller, Baden, 2010.

8 Cfr. Il film documentario Helvetica di Gary Hustwit del 2007.

9 “Per me è sempre stato un grande privilegio lavorare con Peter Eisenman. La sua infinita curiosità architettonica e la sete di esplorare sono sempre state per me fonte di grandi stimoli creativi. Alcuni dei miei lavori migliori nel campo della grafica sono quelli realizzati per l’Institute for Architecture and Urban Studies, IAUS, di cui Peter Eisenman è stato padre fondatore e brillante direttore. L’opera che ho donato all’Istituto è forse il migliore investimento della mia vita”, Massimo Vignelli in Design: Vignelli, op. cit., p. 192.

10 Ernesto Ramon Rispoli, Ponti sull’Atlantico. L’Institute for Architecture and Urban Studies e le relazioni Italia-America (1967-1985), Quodlibet, Macerata, 2013.

11 Michael Hays, a cura di, Oppositions Reader. Selected Readings from a Journal for Ideas and Criticism in Architecture, 1973-1984, Princeton Architectural Press, New York, 1998.

12 AA.VV., Richard Meier Architect, volume 1 (bianco), 1984; volume 2 (nero), 1991; volume 3 (rosso), 1998; volume 4 (grigio), 2004; volume 5 (blu), 2009; volume 6 (giallo), 2013; tutti pubblicati da Rizzoli International, New York.

13 Kenneth Frampton, “Omaggio a Vignelli”, in Design: Vignelli, op. cit., p. 38.

14 Massimo Vignelli, Il canone Vignelli, Postmedia Books, Milano, 2012.

15 Germano Celant, “Lella e Massimo Vignelli”, in Design: Vignelli, op. cit., p. 18.


Manuel Orazi

Nato a Macerata, ha studiato e vissuto per un po’ a Venezia, prima di tornare all’ovile. Lavora per la casa editrice Quodlibet, dove si occupa dei titoli di architettura e dell’ufficio stampa, ma insegna anche Storia dell’architettura e della città a Ferrara. Ogni tanto scrive per Il FoglioIcon Design e qualche rivista di architettura come Domus e Log.


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