Dizionario Gonzo
Carlos D’Ercole

15 Marzo 2019

Capita poche volte di avere tra le mani un libro come Dizionario Gonzo di Carlos D’Ercole, così imprevedibile, curioso e vitale. Lo ha pubblicato 1000 e una notte, un piccolo editore milanese. Il titolo richiama esplicitamente Hunter S. Thompson, maestro indiscusso di gonzo journalism, ed è già un bell’invito alla lettura. La cover, disegnata da Robert Saywitz, ne rispecchia lo spirito. È un libro difficile da classificare. Le formule ci sarebbero: dizionario sentimentale, memoir, libro di viaggi, autobiografia, catalogo delle passioni libresche dell’autore, ma nessuna è in grado di descrivere l’unicità di un’opera che segue una prospettiva tutta sua, senza itinerari e confini prestabiliti. I protagonisti di questo Dizionario sono sicuramente i libri amati da Carlos D’Ercole, ma a contare sono anche le città, i luoghi, i ricordi e gli aneddoti di una vita intensa fatta di incontri, amicizie e scoperte. Tutto scorre con una libertà assoluta, non c’è mai il sospetto dell’ammiccamento, dell’orientamento ideologico o del rispetto di una regola diversa dalla semplice adesione spontanea ed entusiastica alle idee contenute nei volumi selezionati. Anche le edizioni scelte non sono mai scontate.

Quando si parla di Limonov di Emmanuel Carrère s’intende una copia del 2011 in francese pubblicata da POL (Paul Otchakovsky-Laurens) e acquistata “alla Fnac di Montecarlo, un’oasi di piacere nell’inferno monegasco dei nouveaux riches”. Nella voce dedicata a Obama la star diventa Boss: Richard J. Daley of Chicago di Mike Royko, edito da Dutton: “Tutto quello che so sul grande cronista di Chicago, Mike Royko, e del leggendario sindaco Richard Daley, lo devo a Jim Litke, reporter sportivo della AP, conosciuto in una cena a Ravenswood, con la complicità del suo collega Andy Dampf. La prima copia di Boss, in paperback, la comprai alla bookstore della University of Chicago nell’autunno del 2007. Cercandola di recente fra gli scaffali polverosi della mia nuova casa a Milano, ho capito di averla persa. Jim ha voluto regalarmi la prima edizione del 1971 che qui vedete in bella mostra”. E qui già appare più chiaro il motivo per cui, all’inizio, abbiamo definito Dizionario Gonzo un libro curioso: perché è insolito, certo, ma soprattutto perché rivela pagina dopo pagina l’insaziabile curiosità di Carlos D’Ercole per i dettagli, le storie, le sfumature. A pagina 51 si sofferma su New York in the 50s di Dan Wakefield (St. Martin’s Griffin, 2009): “Lo iniziai a sfogliare nell’appartamento di Jay Zimner nell’East Village, dimenticato su una pila di libri sotto a un poster di Chuck Close. Mi fiondai a comprarne una copia alla St. Mark’s Bookstore che dal 2001 mi regala gioie infinite. Ancora oggi quando faccio tappa a New York è la mia prima meta”. 

Parlando di rivolta, anni di piombo, lotta politica e della celebre foto che Tano D’Amico scattò a Daddo e Paolo in piazza Indipendenza, a Roma, il 2 febbraio del 1977, poi ritrovata sulla copertina di un volume di Derive Approdi (2012), l’autore chiude il capitolo spostandosi negli USA: “Nella mia collezione personale il libro a cui sono più legato è Fugitive Days di Bill Ayers. Nel 2008, ai tempi della prima campagna elettorale di Obama, Gretchen Helfrich, ex giornalista di Chicago Public Radio, intercettando una mia curiosità, mi presentò Bill Ayers, controverso fondatore dei Weather Underground che, trascorsa la stagione della latitanza, viveva ad Hyde Park con la moglie Bernardine Dohrn. Fu un incontro stimolante, con straordinari aneddoti su Timothy Leary e le Black Panthers. Mi regalò con dedica la prima edizione americana di Fugitive Days (Beacon Press, 2001). Confesso con amarezza di non trovarla più. Shame on me”. Ma è la vitalità l’aspetto che forse colpisce di più in questo “omaggio sgangherato a una jeunesse dorée a cui è tempo di dire addio”. La giovinezza da cui congedarsi è naturalmente quella di Carlos D’Ercole, classe 1978, avvocato, collezionista, autore di Vita sconnessa di Enzo Cucchi (Quodlibet, 2011) e artefice dell’operazione editoriale che qualche anno fa ha portato nelle librerie la prima e unica versione italiana di Les égouts du paradis di Albert Spaggiari (Le fogne del paradiso, Oaks, 2016), il resoconto straordinario della “rapina del secolo” compiuta alla Société Générale di Nizza nel luglio del 1976. Un colpo da maestro progettato e realizzato dall’audace Albert Spaggiari, un avventuriero sui generis che dopo aver combattuto con l’esercito francese in Indocina e militato nell’Organisation armée secrète (OAS), porta a termine il suo piano in Costa Azzurra “sans arme, ni haine, ni violence” (“senza armi, senza odio, senza violenza”).

È il senso dell’avventura a dare il ritmo al Dizionario, una corrente elettrica che dai libri passa alle città conosciute e amate da Carlos D’Ercole: Roma, Milano, New York, Chicago, Madrid, Londra, Parigi, Berlino, Buenos Aires, Mosca, Beirut. La scoperta di From Beirut to Jerusalem di Thomas L. Friedman (Farrar, Straus and Giroux, 1989) avviene nella capitale del Libano, di notte: “Chi lo ha detto che il nightclubbing non possa svelare letture a noi ignote? Alle tre del mattino sulla terrazza dello Sky Bar, epicentro della mondanità di Beirut, mi si avvicinò l’amica americana del mio host armeno chiedendo cosa sapessi della storia del Libano. ‘Not much’, replicai, alle prese con il mio terzo Moscow Mule. ‘Then you should read Thomas Friedman’. Devo dire che fu molto convincente”. Qualche pagina prima, l’autore inquadra Ein Koffer in Berlin di Hermann Kreutzer e Manuela Runge (Aufbau, 2001), e annota: “Fu un regalo di Leonie von Rhade nel giorno della mia partenza da Berlino. La valigia era già piena di libri saccheggiati alla Dussmann, tempio dei bibliofolli, che ha come rivali forse solo la Foyles di Londra e El Ateneo di Buenos Aires”. Poi si riaffaccia sulla Berlino Est del 2003, dove “tutto era a portata di mano, affitti irrisori, appartamenti abbandonati che in pochi giorni venivano convertiti in gallerie, negozi dismessi in cui si improvvisavano happening teatrali alle 3 del mattino, i Chemical Brothers da Cookies, le serate Russendisko al Kaffee Burger organizzate da Wladimir Kaminer, Ani DiFranco in una chiesa sconsacrata, Terry Richardson al KaDeWe, le notti retro al Club der Republik, in un vecchio palazzo governativo della DDR”. A pagina 39 c’è anche spazio per Ben Harper, “involontario galeotto di altre scoperte musicali: la sua slide guitar in Flake mi ha fatto conoscere Jack Johnson, grazie a cui sono poi approdato a Rodeo Clowns di G Love e quindi a Free di Donavon Frankenreiter. Di questo terzetto affiatato ricordo un concerto a Central Park nell’estate del 2004. Ne è prova una foto riemersa dall’oblio in cui sono immortalato con Jack agli Strawberry Fields qualche ora prima di quel concerto”. Memorie guizzanti di una gioventù appena trascorsa, non ancora venate di nostalgia. Il clima è sempre quello della festa, anche quando l’attenzione si sposta su Un apolide metafisico di E. M. Cioran: “Nella vulgata del giornalismo culturale e filosofico Cioran è il nichilista per eccellenza, l’apolide ossessionato dalla morte. Niente di più falso, mi sono riletto le sue interviste tradotte da Adelphi. Altro che pessimismo, sono un’iniezione di vitalità”. Voilà.

Dizionario Gonzo di Carlos D’Ercole

Dizionario Gonzo di Carlos D’Ercole

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Paolo Priolo

Dirige Klat dal 2009, l’anno in cui lo ha fondato insieme a Emanuela, assecondando il proprio interesse per l’informazione, il design e le buone idee. Perfezionista, ama la natura, le cultura e le cose ben fatte. Nel 2020 ha creato il brand Pienosole, per una questione di bellezza e giustizia.


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