22 Luglio 2014
Da tempo Peter Granser realizza progetti facilmente collocabili nella tendenza dominante della fotografia documentaria contemporanea: storie di gruppi di persone, fatte di volti, luoghi e oggetti che raccontano l’identità collettiva incarnata nei singoli individui. Ma lo sguardo di Granser va oltre, è sempre alla ricerca del paradosso nascosto nella normalità e spesso la sua antropologia fotografica finisce per rivelare lo smarrimento dell’identità dei singoli, schiacciata dal contesto in cui vivono. La perdita dell’armonia tra luogo ed esistenza privata è il tema principale del suo ultimo lavoro, J’ai perdu ma tête, che documenta la vita quotidiana in una clinica psichiatrica nel nord della Francia. Gli ambienti della casa di cura e gli oggetti sparsi per le sue stanze accompagnano i ritratti dei pazienti, a raccontare un tipo di appartenenza e di vita comunitaria che forse la fotografia non è in grado di esprimere, potendo soltanto mostrare il silenzio e la distanza da un mondo che non si può comprendere dal di fuori. J’ai perdu ma tête è anche un libro pubblicato da Edition Taube.
Peter Granser, J’ai perdu ma tête
Robert Morat Galerie – Schauraum Berlin
Berlino
5 luglio > 4 ottobre 2014

Peter Granser, Still 01, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Still 03, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Still 07, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Still 04, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Still 12, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Group on a Bench, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Portrait 06, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Portrait 07, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Clay figures 01, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Clay figures 02, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Clay figures 03, J’ai perdu ma tête.

Peter Granser, Clay figures 05, J’ai perdu ma tête.