13 Ottobre 2016
Chi conosce Richard Sapper sorriderà di fronte a quel monolite nero con un pallino rosso che è la monografia curata da Jonathan Olivares per Phaidon. Il giovane designer americano ha reso omaggio al grande progettista tedesco adottandone il linguaggio e confezionando un ThinkPad letterario: Richard Sapper edited by Jonathan Olivares riprende infatti i tratti salienti del portatile IBM disegnato nel 1992, la celebre scatola nera con il trackpoint rosso che è uno dei progetti più longevi del maestro (prodotto dal 2005 da Lenovo). Creatore di oggetti funzionali e dalla bellezza ascetica come la lampada Tizio per Artemide, le radio e i televisori per Brionvega o il bollitore fischiante per Alessi, Sapper non amava parlare: preferiva che fossero i suoi progetti a farlo. Chi andava a intervistarlo, nella casa-studio di fronte al Castello Sforzesco di Milano, otteneva perlopiù risposte sintetiche e qualche aneddoto, intervallati da repentini spostamenti in cerca di immagini più adatte delle parole a esprimere il suo pensiero. Non stupisce che Olivares abbia avuto bisogno di 50 ore di conversazione, distribuite in otto anni, per ricavare il materiale necessario a realizzare questo volume, uscito pochi mesi dopo la scomparsa del suo protagonista (avvenuta il 31 dicembre 2015). L’incipit è affidato al photo-essay Domestic Contours di Ramak Fazel, che con la sua Rolleiflex ci porta dentro alle case-ufficio di Milano, del lago di Como e di Los Angeles, gli ambienti creativi di un uomo che ha sempre rifiutato di lavorare in un ufficio vero e proprio. La seconda parte è un “racconto orale” che intervalla la voce dell’autore a quella di Richard (come viene affettuosamente chiamato nel libro), un modo vivo per raccontarcene l’appassionante biografia e spiegarci cosa sia davvero il design industriale. L’ultima e più corposa sezione, Chronology, testimonia la prolificità del progettista, che ha disegnato automobili, biciclette, computer, mobili, televisori, bollitori, pentole, grattugie e rubinetterie, ma ha anche studiato i problemi del trasporto urbano, per “trovare un mezzo che l’uomo moderno possa portare con sé, come un ombrello”, convinto che la priorità fosse “cambiare il modo in cui viviamo, in cui facciamo funzionare gli ingranaggi della nostra vita”. La chiusura è affidata a tre pagine che contengono le risposte alle stesse domande fatte a Charles Eames per la mostra Qu’est-ce que le design? (Musée des Arts Décoratifs, 1972), e che costituiscono una sintesi mirabile dell’essenza di Sapper, il quale, all’ultima domanda – “Qual è il futuro del design?” – risponde, senza farsi troppi problemi: “No comment”.