18 Settembre 2015
Una monografia classica, una ricerca molto approfondita su una designer lontana dalle convenzioni. In Eileen Gray. Her Work and Her World, Jennifer Goff, curatrice del National Museum of Ireland di Dublino, ci guida nella vicenda umana e professionale della grande progettista irlandese, forte di uno studio analitico durato ben dieci anni. Ne esce una figura decisamente più complessa della maestra del Déco famosa per il taglio alla maschietta, la passione per la velocità e le assidue frequentazioni con l’intellighenzia dell’epoca. Questa complessità è presente nella stessa formazione di Eileen Gray, che abbina solide basi classiche nel disegno al vero a un precoce interesse per il mondo delle avanguardie, che lasciano il segno sin dai suoi primi lavori su carta. È a Parigi che la designer entra in contatto con il mondo del Déco, un reticolo di suggestioni molto più ricco di quella che a volte viene ancora descritta come una semplice “moda”. Negli anni Dieci del secolo scorso Eileen Gray vive appieno una stagione in cui la fascinazione per i Balletti Russi di Sergej Djagilev si accompagna all’affermazione di elementi di Suprematismo e di Costruttivismo: tutte tracce che ritroveremo nei suoi collage degli anni Venti, e nella successiva e straordinaria produzione di tappeti. Ma Gray è attenta anche alla cattura del movimento da parte dei Futuristi, mentre coi Cubisti ha in comune la passione per le nature morte e le maschere africane, che immortala in fotografie di inaspettata efficacia. Nel volume viene inoltre ricostruita la sua attività d’imprenditrice col negozio-galleria Jean Désert, dove esporrà alcune delle sue opere più celebri, come il divano laccato a forma di piroga che prelude ai paraventi degli anni Venti nati dall’insegnamento del maestro laccatore Seizo Sugawara. Ma a influenzare il lavoro di Eileen Gray sono soprattutto i rapporti col suo mentore Jean Badovici e col grande Le Corbusier, protagonisti della stagione a Cap Martin, dove sorgerà la celebre Villa E-1027: una casa-manifesto – da poco restaurata e aperta al pubblico – qui indagata non solo nei suoi pezzi più famosi (il tavolino regolabile e la poltrona Bibendum), ma anche nella cura per il dettaglio architettonico che porterà a ideare finestre basculanti e arredi fissi incastonati nella struttura. Il talento della designer si riversa quindi con assoluta naturalezza in quello dell’architetto, splendidamente investigato nel saggio grazie all’analisi di opere tutte da riscoprire. Pubblicato da Irish Academic Press.