Biennale di Venezia, Arte 2013
Rudolf Stingel a Palazzo Grassi

6 Novembre 2013

A Eudossia, che si estende in alto e in basso, con vicoli tortuosi, scale, angiporti, catapecchie, si conserva un tappeto in cui puoi contemplare la vera forma della città. A prima vista nulla sembra assomigliare meno a Eudossia che il disegno del tappeto, ordinato in figure simmetriche che ripetono i loro motivi lungo linee rette e circolari, intessuto di gugliate dai colori splendenti, l’alternarsi delle cui trame puoi seguire lungo tutto l’ordito. Ma se ti fermi a osservarlo con attenzione, ti persuadi che a ogni luogo del tappeto corrisponde un luogo della città e che tutte le cose contenute nella città sono comprese nel disegno, disposte secondo i loro veri rapporti, quali sfuggono al tuo occhio distratto dall’andirivieni dal brulichio dal pigia-pigia.

Italo Calvino, Le città invisibili (VI capitolo: Le città e il cielo, 1)

Proviamo a immaginare Venezia come Eudossia, una città la cui struttura è contenuta nel disegno di un tappeto orientale. Le vie di terra ne compongono la trama, mentre l’ordito è definito dal reticolo dei suoi canali d’acqua. I fili color cremisi si annodano in palazzi, case e teatri; le chiese e le sinagoghe, invece, prendono forma da intrecci color cobalto. Un filo spezzato dà vita a un vicolo cieco, le imperfezioni nella trama segnalano una casa danneggiata o una strada dismessa. Il tappeto contiene la città – ne custodisce l’anima e i segreti.

Rudolf Stingel, Palazzo Grassi

Rudolf Stingel, Untitled, 2003. Foto: Stefan Altenburger.

Ora, immaginiamo che il tappeto si espanda all’infinito, che i motivi geometrici si moltiplichino, fino a ricoprire un intero palazzo – e non solo il pavimento, ma anche le pareti, gli angoli e i recessi più inaccessibili. Come fosse una seconda pelle che riporta, nelle maglie dell’intreccio, la topografia della città di Venezia. Perché è così che possiamo figurarci la spettacolare installazione di Rudolf Stingel a Palazzo Grassi: come una mappa immaginaria della città lagunare, dispiegata attraverso la superficie di un tappeto persiano sui toni del porpora e del magenta.

Rudolf Stingel, Palazzo Grassi

Foto: Stefan Altenburger.

Nelle stanze del primo piano si succedono alcuni dipinti astratti dell’artista altoatesino. Si tratta di grandi tele argentate, ovvero di pseudo-monocromi cangianti che, a uno sguardo più attento, rivelano trame e motivi appena accennati. I cupi turbinii sulle superfici dipinte descrivono i cieli gonfi di pioggia sopra la laguna, e le sfumature di pittura grigia cristallizzano i riflessi del mare che bagna Venezia. Come finestre aperte sulla città, le tele punteggiano l’intera area del tappeto-mappa – emergono dalle pareti a motivi geometrici come svuotate vedute urbane.

Rudolf Stingel, Palazzo Grassi

Rudolf Stingel, Untitled, 2013. Foto: Stefan Altenburger.

L’ultimo piano di Palazzo Grassi ospita una seconda serie di dipinti in bianco e nero raffiguranti antiche statue lignee. A prima vista sembrano fotografie, ma in realtà si tratta di piccole tele foto-realistiche. I soggetti delle sculture sono Madonne, santi, ritratti e rappresentazioni allegoriche – un dipinto, quello più grande della serie, ritrae la morte in groppa a un leone, il simbolo di Venezia. L’atmosfera si fa inquieta, il percorso incerto – le sculturine sulle tele spuntano come ricordi rimossi (vi è un’allusione allo studio viennese di Freud, un ambiente tappezzato di tappeti orientali stesi sui pavimenti, sulle pareti e sopra gli arredi, proprio come nel palazzo veneziano. È forse un’originale rappresentazione dell’inconscio quella messa in atto da Stingel?). Gli oggetti dipinti rievocano tempi antichi, alludono (forse) a un vivace commercio antiquario, di cui Venezia vantava un’illustre tradizione – di nuovo, l’artista celebra il mito di una città straordinaria, “invisibile”, in bilico tra la terra e il mare. La città dove comincia e si conclude questo diario.

Rudolf Stingel, Untitled (St. Barbara), 2009

Rudolf Stingel, Untitled (St. Barbara), 2009. Foto: Ellen Page Wilson.

Rudolf Stingel, Untitled, 2009

Rudolf Stingel, Untitled, 2009. Foto: Andy Keate.

Rudolf Stingel, Untitled, 2009

Rudolf Stingel, Untitled, 2009. Foto: Andy Keate.

Rudolf Stingel, Untitled, 1990

Rudolf Stingel, Untitled, 1990. Foto: Tom Powel Imaging.

Rudolf Stingel, Untitled, 2012

Rudolf Stingel, Untitled, 2012. Foto: Tom Powel Imaging.

Rudolf Stingel, Untitled, 2003

Rudolf Stingel, Untitled, 2003. Foto: Alessandro Zambianchi.

Rudolf Stingel, Untitled (Franz West), 2011

Rudolf Stingel, Untitled (Franz West), 2011. Foto: Tom Powel Imaging.

Rudolf Stingel, Untitled, 2013

Rudolf Stingel, Untitled, 2013. Foto: Tom Powel Imaging.

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Federico Florian

Storico dell’arte e aspirante scrittore, vive a Milano e ha un debole per l’arte contemporanea. Collabora con Arte e Critica e altre testate. Violinista e instancabile viaggiatore, ama la buona letteratura. Sogna una critica d’arte agile e fresca, e aspetta di scrivere il romanzo perfetto.


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