23 Settembre 2015
Le sedie con struttura metallica si affermano sin dagli anni Venti del secolo scorso come simbolo di un approccio funzionalista al progetto, ovvero di un’estetica asciutta e scevra da inutili aggettivazioni. La collezione di sedute e tavoli Officina, firmata dai fratelli Bouroullec per Magis, sembrerebbe inserirsi nel solco di questa tradizione, ma, come spesso accade alla coppia d’oro del design francese, la realtà non corrisponde esattamente alle attese. La serie si caratterizza senz’altro per lo scheletro in metallo, ma quest’ultimo è molto diverso dall’estruso cromato, lucente e pulito che conferisce la tipica perfezione del fatto a macchina. Qui il tubolare è in ferro battuto, un materiale che può vantare una memoria millenaria di lavorazione brutale, scandita da colpi che forgiano e piegano. Il ferro forgiato riporta alla Fucina di Vulcano, alla sua potenza fisica e a una tradizione morfologica che lo vuole modellato da virtuosismi artigianali imperfetti. E per allontanarci ancora di più dall’esattezza industriale del tubo metallico, Officina rimanda anche al processo di raffinazione portato all’estremo dal primo Giacometti, il grande maestro della lotta tra pieni e vuoti, tra materia e assenza. È così che nasce il felice contrasto: nel disegno dei Bouroullec, la struttura diviene una laconica, elegantissima ossatura, sostegno di oggetti che vibrano di una forza sublimata nel gesto e nella funzione. L’irregolarità della superficie dei ferri è traccia della fase manuale, segno del lavoro dell’uomo unito a quello della macchina, che produce i complementi necessari: piani e superfici in materie levigate (plastiche, pelle, legno, vetro, ardesia, marmo di carrara e lamiera elettrozincata).