14 Ottobre 2015
Ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi e da Palazzo Reale per Expo in Città 2015, promossa dal Comune di Milano, La Grande Madre è una mostra dedicata all’analisi dell’iconografia e della rappresentazione della maternità nel Novecento. Allestite in 29 sale al primo piano di Palazzo Reale, oltre 400 opere di 139 artiste, artisti, scrittori e registi internazionali creano un percorso visivo trasversale, storicamente e tematicamente ordinato. L’eterogeneità dell’approccio scelto dal curatore Massimiliano Gioni disegna un tracciato dinamico e mai ripetitivo: arte, letteratura, pubblicità, cinema e altre testimonianze figurative si mescolano in un sapiente gioco di alternanze che lascia spazio anche all’emozione. La spettacolarità e la crudeltà di opere quali l’Erpice – macchina destinata all’esecuzione dei prigionieri descritta da Franz Kafka nel racconto breve Nella colonia penale (1914) – o Amazing Grace (1993) di Nari Ward – installazione di 280 passeggini dismessi che l’autore ha raccolto per le strade di Harlem e che parlano di un’infanzia perduta – è alternata a immagini più candide come quelle di un feto realizzate nel 1965 dallo svedese Lennart Nilsson, o di Teaching to Walk (2002), performance ideata dallo slovacco Romand Ondák nella quale un bambino accompagnato dalla madre impara a muovere i suoi primi passi. Molte sono le interpretazioni dei miti e dei cliché del femminile, che in una sorta di museo temporaneo raccontano un secolo di scontri tra emancipazione e tradizione. La ricognizione enciclopedica orchestrata da Gioni si sviluppa in diverse sezioni, prima fra tutte quella dedicata all’archivio visivo di Olga Fröbe-Kapteyn che raccoglie figure di idoli femminili, matrone, veneri e divinità preistoriche al quale hanno attinto molti psicologi e antropologi come Carl Gustav Jung e Erich Neumann. Seguono importanti sezioni incentrate sul ruolo della donna nelle avanguardie storiche, dalle forze riformatrici dell’Italia futurista al mito della donna meccanica del Dadaismo, che mettono in evidenza aspetti contrastanti della modernità e la trasformazione dei sessi. La seconda parte della mostra si concentra sui movimenti emersi negli anni Sessanta e Settanta, e sulle rivendicazioni femministe che hanno messo in crisi gerarchie e ruoli di potere, ma anche sulle grottesche rappresentazioni del corpo muliebre degli anni Novanta e le prospettive di una condizione post-umana. L’esposizione si apre con l’immagine della maternità (apparentemente) idilliaca di Gertrude Käsebier e i film della prima regista donna Alice Guy-Blaché, per concludersi con Sleeping Child (1973/2015) di Matt Mullican, ceppo di legno con cuscino, e Self Portrait as My Mother, Jean Gregory (2003), ritratto di Gillian Wearing nei panni della propria madre. La figura materna che il progetto espositivo restituisce nel suo insieme non è certo rassicurante. Sintesi di una dicotomia irrisolvibile, al tempo stesso distruttrice e salvatrice, l’archetipo junghiano della Grande Madre che ispirò Erich Neumann testimonia ancora oggi la complessa ambivalenza, i desideri e le paure di una storia intima e condivisa.
La Grande Madre
A cura di Massimiliano Gioni, Fondazione Nicola Trussardi
Palazzo Reale, Milano
26 agosto – 15 novembre 2015