Kienholz: Five Car Stud
Fondazione Prada, Milano

4 Luglio 2016

Ad accogliere il visitatore nella prima sala c’è un flipper: il tabellone è dedicato alla rivista Playboy. Tutto normale, tranne per il fatto che dal lato in cui il giocatore afferra la macchina per ingaggiare la sfida con la biglia d’acciaio spuntano due gambe femminili, con tanto di vagina e tacchi alle estremità. La scultura poggia su un letto in bronzo, l’opera è The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also (1980). Segue un percorso tra ambienti domestici profanati da figure mostruose: tutto ammicca alle nefandezze della specie umana, tra consumismo, perversioni sessuali e abusi dell’iconografia religiosa. Una giostra di vecchia manifattura sembra offrire sollievo, finché non si scopre che le otto facciate rappresentano la popolazione del mondo: cinque sono dedicate alla povertà, due alla classe media, una alla ricchezza. I lavori sono di Edward Kienholz, attivo in America tra la fine degli anni Cinquanta e la metà degli anni Novanta (muore il 10 giugno 1994), buona parte dei quali condivisi artisticamente con la moglie Nancy. La Fondazione Prada gli ha dedicato una mostra che toglie il fiato e culmina con Five Car Stud (1969-72), rappresentazione di un Paese che si dimena tra proclami di uguaglianza e un radicato odio razziale. “Kienholz”, scrive Germano Celant, “non tende a sublimare le bassezze e la tragicità del vivere, le condizioni di solitudine e di trivialità, ma le usa come strumenti per far risplendere l’universo basso e popolare, dove il macilento e lo sporco, il perverso e il lurido, rappresentano una bellezza nuova e sorprendente”. Mentre gli artisti americani si muovono tra l’Espressionismo Astratto e le nuove estetiche dominanti della forma pura, Minimalismo e Pop, lui sceglie la via del dissenso e del politicamente scorretto. Le sue opere sono tableaux vivants che materializzano il rimosso della società, lo esaltano e lo impongono alla vista, perché il bello che l’arte mette in scena non è niente di più di un rassicurante placebo. Come dargli torto?

Kienholz: Five Car Stud
A cura di Germano Celant
Fondazione Prada, Milano
19 maggio – 31 dicembre

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Merry-Go-World or Begat By Chance and the Wonder Horse Trigger, 1991-94.

Al centro: Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Merry-Go-World or Begat By Chance and the Wonder Horse Trigger, 1991-94. A sinistra: Edward & Nancy Reddin Kienholz, Drawing from Elle, 1991. A destra:
Edward & Nancy Reddin Kienholz, Drawing from Angel, 1990.

Edward Kienholz, The Nativity, 1961.

Edward Kienholz, The Nativity, 1961.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, Bout Round Eleven, 1982.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, Bout Round Eleven, 1982.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, Jody, Jody, Jody, 1993–94.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, Jody, Jody, Jody, 1993–94.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Caddy Court, 1986–87.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Caddy Court, 1986–87.

Da sinistra a destra: Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Twilight Home, 1983; Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Death Watch, 1976.

Da sinistra a destra: Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Twilight Home, 1983; Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Death Watch, 1976.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Bear Chair, 1991.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Bear Chair, 1991.

Edward Kienholz, ‘Ore The Ramparts We Watched, Fascinated, 1959.

Edward Kienholz, ‘Ore The Ramparts We Watched, Fascinated, 1959.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also, 1980.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, The Bronze Pinball Machine with Woman Affixed Also, 1980.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, 76 J.C.s Led the Big Charade, 1993–94.

Edward & Nancy Reddin Kienholz, 76 J.C.s Led the Big Charade, 1993–94.


Sara Dolfi Agostini

Curatrice e giornalista, vive tra l’Italia e gli Stati Uniti, ma spesso cambia rotta per visitare musei, biennali e studi d’artista. Specializzata in arte contemporanea e fotografia, è consulente scientifica della Triennale di Milano. Inoltre, ha co-curato il progetto di arte pubblica ArtLine Milano e scritto il libro Collezionare Fotografia (2010, con Denis Curti). Collabora con Il Sole 24 Ore dal 2008.


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