30 Maggio 2017
Elisabetta Benassi interroga il passato, scava tra le storie che hanno forgiato la società in cui viviamo, spesso nella nostra totale disattenzione, e le riporta alla luce. La sua mostra personale alla Collezione Maramotti, It starts with the firing, è una sequenza di ritrovamenti che intreccia la nostalgia per ciò che è scomparso al disincanto, con una potente metafora di mattoni, fiammiferi, parole e una stireria a vapore posta all’entrata dal nome Prosperity. Benassi l’ha trovata nei magazzini dello stabilimento Max Mara che ospita la Collezione, e l’ha rimessa in funzione. Così ha fatto anche per un gruppo di tappeti orientali che adornavano un tempo i negozi, ora impilati e murati a metà; o per i ritagli degli iconici cappotti, che ritroviamo appesi come un’opera d’arte. Anche i mattoni rappresentano una storia, che si rivela in una stanza con poster sibillini e una traccia audio: nel 1972 la Tate Gallery di Londra acquistò un’opera dell’artista concettuale Carl Andre dal titolo Equivalent VIII composta da 120 mattoni disposti su due file, a suggerire il perimetro rettangolare di una casa. La stampa inglese gridò allo scandalo con titoli di impatto come “Questi mattoni possono costruire una pessima reputazione” (The Star, 18 febbraio 1976) o “L’arte va e viene, ma un mattone è per sempre” (The Times, 18 febbraio 1976). Nell’appropriazione di Benassi, il visitatore è coinvolto in un gioco in cui l’umorismo e il buonsenso diventano strumenti di riflessione sulla società. Sul tavolo degli imputati ci sono valori condivisi e mai messi in dubbio, speranze riposte nei beni materiali, il credo nel futuro alimentato dal progresso tecnologico e il potere straordinario delle illusioni.
Elisabetta Benassi. It starts with the firing
Collezione Maramotti, Reggio Emilia
7 maggio – 17 settembre 2017