21 Ottobre 2015
Quali certezze ci offre la società di oggi? Ralph Rugoff ha scelto un titolo rassicurante per la sua 13. Biennale di Lione: l’ha chiamata La vie moderne e la locandina potrebbe essere la pubblicità di un’agenzia viaggi. Gli stessi ombrelloni colorati si sono materializzati all’ingresso della mostra, nella zona ristoro. Segnano un confine oltre il quale la modernità, in ogni sua declinazione – filosofica, tecnologica, economica – è messa sul banco degli imputati. Al lato opposto ci sono gli artisti: cinici, ironici, impegnati, autocelebrativi, vittime e carnefici del sistema sociale di cui sono parte. Rugoff ne ha chiamati sessanta, per una biennale al 70% inedita, e mai banale né ermetica. E se l’attenzione è diretta al presente, come suggeriva Baudelaire ne Il pittore della vita moderna, che Rugoff omaggia esplicitamente nel titolo, non si tratta di un presente sradicato dal passato. È un tempo ambiguo, che oscilla al ritmo di “I was born a loser”, refrain contenuto in Black Man’s World di Alton Ellis, mixato in due versioni nel nuovo video 3D di Cyprien Gaillard; e risuona nell’opera di Céleste Boursier-Mougenot (Padiglione Francese alla 56. Biennale di Venezia), dove una pioggia di noccioli di ciliegia si riversa su una batteria attivata dal campo elettromagnetico dei cellulari dei visitatori. Artisti e curatore hanno scelto un’estetica pop, un camouflage visivo, e la mostra non si fa mai astratta. David Shrigley, per esempio, ha iniettato il suo dark humour in un video ispirato a un vecchio game di Sega del 1986, Out Run, ma il paesaggio è lontano dall’idillio metropolitano, costellato da uomini nudi che gridano aiuto. Mentre Marinella Senatore e Jeremy Deller hanno esteso il processo creativo alle comunità più disagiate della città, proponendo una rivendicazione di spazi e attenzione critica al ritmo di rap e twerking. Questa Biennale di Lione è una mostra per chi vuole farsi domande, e – come ammette lo stesso Rugoff – “afferrare pienamente i paradossi della nostra vita moderna”.
13e Biennale de Lyon, La vie moderne
A cura di Ralph Rugoff
Lione
10 settembre – 3 novembre 2015

Anna Ostoya, Yellow Red Blue, 2015. Courtesy: Anna Ostoya, Tegenboschvanvreden, Amsterdam e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Ed Ruscha, Psycho Spaghetti Western 10, 2010. Courtesy: Carol e Richard Feinstein. La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Simon Denny, The personnal effects of Kim Dotcom, 2014. Courtesy: Simon Denny, Galerie Buchholz (Berlino-Colonia) e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Tatiana Trouvé, Senza titolo, Courtesy: La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Nina Canell. Courtesy: Galerie Wien Lukatsch (Berlino), Galerie Daniel Marzona (Berlino), Mother’s Tankstation (Dublino) e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Nguyen Trinh-Thi, Landscape Series #1, 2013. Courtesy: Nguyen Trinh-Thi e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Mike Nelson, A7 route du soleil, 2015. Courtesy: La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Marinella Senatore, The world community feels good, 2015. Foto: © Blaise Adilon.

Emmanuelle Lainé, Don’t cheat me out of the fullness of my capacity, 2014. Courtesy: Emmanuelle Lainé.

He Xiangyu, Cola Project Extraction, 2009. Courtesy: He Xiangyu, White Space Beijing e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Anthéa Hamilton, Kar-a-sutra, 2015. Foto: © Blaise Adilon.

Camille Henrot, No Battery; Hello & Thank You; Failed Dog Training v1, 2015. Courtesy: Camille Henrot, Kamel Mennour (Paris) e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Kader Attia, Les Oxymores de la Raison, 2015, Courtesy: Kader Attia, Galerie Nagel Draxler (Berlino), Lehmann Maupin Gallery (New York) e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Blazy Michel, Pull Over Time, 2015. Courtesy: Art Concept e La Biennale de Lyon. Foto: © Blaise Adilon.

Sol LeWitt, Upside Down – Structure with Three Towers, Expanded 23 Times, 2015.