24 Luglio 2014
Non c’è nulla di più dispotico di un lampadario nella disposizione degli arredi in una stanza: una volta appeso al soffitto, condizionerà la distribuzione di tutto il resto. Sempre. Nel 1962 i fratelli Achille e Pier Giacomo Castiglioni pensano a una illuminazione dall’alto che abbia lo stesso effetto di una sospensione, ma senza l’obbligo del fissaggio al soffitto. La soluzione viene suggerita dalla migliore tra le fonti luminose ancorate al suolo: i lampioni stradali. Così nasce Arco, tre sezioni curvilinee di metallo che incanalano il filo elettrico fino a un portalampada semisferico, ben radicate a terra da una pesante base in marmo. Il vero genio si esprime però non nei pieni, bensì nei vuoti della lampada, nei suoi fori: uno, il più importante, è quello che si trova nella base di marmo, pensato per far scorrere al proprio interno uno straccio o il manico di una scopa, così da rendere l’intero oggetto trasportabile nello spazio (uno spazio che in quegli anni si popola sempre più di oggetti nomadi). Tanti fori caratterizzano poi la calotta semisferica del portalampada: in tal modo, sono assicurati l’areazione anti-surriscaldamento, ma anche i bellissimi raggi luminosi che vibrano sulle pareti della stanza, come solo i cristalli di un lampadario classico avevano saputo fare fino a quel momento. Con Arco l’arredo diventa davvero mobile e il segno curvilineo di questa “sospensione da terra” entra nella storia del design mondiale. Produzione: Flos.

Foto: Gionata Xerra.

Foto: Giorgio Casali, 1969.

Campagna pubblicitaria di Jean-Baptiste Mondino.

Foto: Germano Borrelli

Achille Castiglioni.

Achille e Pier Giacomo Castiglioni. Foto: Luciano Ferri.