Rotor
Behind the Green Door

25 Luglio 2014

Curata dal collettivo Rotor, la mostra al centro dell’ultima Triennale di Architettura di Oslo sembrava nata per essere messa in pagina. L’allestimento di Behind the Green Door, titolo sottilmente ironico attorno tema della sostenibilità, invitava i visitatori a narrazioni personalizzate che oggi, sfogliando il libro omonimo, possono essere intraprese in modo ancora più agile. Maestri nell’arte di archiviare quello che di solito non si archivia, i Rotor avevano apparecchiato in mostra un paradigma articolato a illustrare l’universo del “sostenibile” dagli esordi fino ai giorni nostri. Questo veniva poi declinato in una serie di tavoli espositivi, ognuno a costruire un sintagma puntuale (uno dei tanti possibili). Ora, la collezione dei 600 oggetti sta sul fondo del volume e raccoglie, colta e spiazzante, le prime edizioni di Whole Earth Catalogue, così come una casa per bambole dotata di pannelli solari o un Monopoli rivisitato in cui si acquistano e vendono turbine eoliche invece che hotel di lusso. In apertura, invece, 16 brevi capitoli replicano esattamente la tematizzazione dei tavoli espositivi. Il lettore si accorge ben presto di avere in mano un prezioso e insolito atlante delle possibilità. Sarà lui, in possesso di strumenti e oggetti insospettabili, a valutare cosa significa essere sostenibili oggi. La posizione dei Rotor resta volutamente aperta: è un bene tendere alla sostenibilità, è un’utopia credere che questa possa essere conseguita appieno – e forse è utile mettere in discussione chi rivendica di esserci riuscito. Nel catalogo ci sono molti spazi bianchi, un centinaio di commentatori hanno iniziato a riempirli su richiesta dei Rotor.

Behind the Green Door

Fondata nel 1991, TerraMai ricicla su vasta scala legname asiatico e lo rivende in America con l’intento di “contribuire a controbilanciare la domanda di nuovo legname”. Un articolo del New York Times ha suscitato molte polemiche sostenendo che la domanda statunitense di legname di recupero sta diventando così rilevante da provocare lo smantellamento di case esistenti. Progetto: Teck di recupero, TerraMai; Oregon, Usa, 2007. Foto: Richard Humphries.

Behind the Green Door

Foto di una stazione di servizio BP certificata LEED. Gli interventi di sostenibilità comprendono tetti verdi, pannelli solari, illuminazione a efficienza energetica, recupero di un chiosco pre-esistente. La calotta di nuova costruzione è composta da 1653 pannelli di acciaio inossidabile. Progetto: Stazione di servizio Helios House, Office dA e Johnston Marklee; Los Angeles, USA, 2007. Foto: Eric Staudenmaier.

Behind the Green Door

Immagini della costruzione e dell’allestimento di Biosphere 2, un compound pensato per essere un’arca autosufficiente di mantenimento della vita umana. Finanziato da privati, questo modello in scala del pianeta terra (Biosphere 1) era sì un esperimento ecologico, ma indagava al contempo la possibilità di installare colonie umane nello spazio. Le immagini furono scattate prima dell’avvio della prima missione nel 1991, quando 4 donne e 4 uomini attraversarono la camera stagna sigillandosi all’interno per due anni. Gli otto abitanti dovettero ben presto fronteggiare la scarsezza di cibo e un livello di ossigeno pericolosamente basso. I supervisori del progetto decisero quindi di immettere un surplus di ossigeno all’interno dello spazio sigillato. La funzione di quest’esperimento, ammesso che ne abbia avuta una, fu di confermare quanto sia difficile creare un ambiente umano autosufficiente. Progetto: Biosphere 2, by Space BiosphereVentures; Oracle, USA, 1991. Foto: Kevin Kelly.

Behind the Green Door

Un ecosistema in equilibrio all’interno di una sfera di vetro sigillata. Composta da un paio di gamberetti, una gorgonia, alghe, conchiglie decorative e ghiaia immersa nell’acqua, questa ecosfera è uno spin-off delle ricerche sulle comunità autosufficienti condotte della NASA in vista dell’esplorazione umana dello spazio. Gli autori assicurano che, senza alcuna manutenzione, la sfera è in grado di preservare un ambiente vitale per vent’anni. EcoSphere®, EcoSphere Associates; USA, 1982.

Behind the Green Door

Sezione di una trave di calcestruzzo dello stesso tipo di quelli comunemente sottoposti a test di resistenza. Progetto: Cemento rinforzato da fibre d’acciaio, COIN, NTNU; Trondheim, Norvegia, 2012.

Behind the Green Door

Earthrise (Alba della terra) è una fotografia scattata nel corso della missione Apollo 8, la prima a orbitare attorno alla luna con un equipaggio umano. Benché non fosse stata la prima foto della missione resa pubblica dalla NASA, quest’immagine della terra in contrasto con la desolata superficie lunare ebbe il merito di risvegliare una nuova consapevolezza ambientale. Non rientrando tra i compiti degli astronauti a bordo, l’atto stesso di scattare questa fotografia si può configurare come un gesto di insubordinazione. Progetto: Missione Apollo 8, NASA, 1968. Foto: William Anders.

Behind the Green Door

Installazione di pannelli solari sul tetto di uno stabile di uffici degli anni Ottanta. L’inserimento dei pannelli avviene nell’ambito della conversione dell’edificio in “centrale elettrica”, ovvero in una struttura che produce più energia di quanta non ne consumi. “Per quanto ne sappiamo, siamo i primi a ristrutturare uno stabile di uffici con questi standard energetici. La nostra è un’operazione unica, ma alla portata di tutti”, dice Kjetil Thorsen, direttore e socio dello studio d’architettura. Progetto: Centrale elettrica Kjørbo a Sandvika by FutureBuilt, Snøhetta, Skanska, ZERO, Hydro, Entra Eidom, Sandvika (Norvegia), 2014.

Behind the Green Door

Visione ideale di un campus universitario immerso nei boschi. Il collage vuole dimostrare come lo sviluppo di nuove tecnologie permetta di superare gradualmente l’esigenza di infrastrutture materiali, ripristinando in tal modo un legame diretto con la natura. Le immagini degli alberi e dei computer vennero scattate dagli architetti nel corso di una visita a vari campus universitari americani alla fine degli anni Sessanta. Progetto: Università di Firenze, by Gruppo 9999; Firenze, Italia, 1971.

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Valentina Ciuffi

Giornalista, nasce a Bologna nel 1978. Da grande si specializza in semiotica dell’arte e dell’architettura, e scrive di design, spazi urbani, creatività e teatro su numerose riviste italiane e internazionali. Tra le altre: VogueIl Sole 24 OreLa StampaApartamentoD La repubblica delle donneAbitare (di cui è stata redattrice dal 2008 al 2013) e Klat, naturalmente. Nel 2014 apre lo studio Actant Visuelle.


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