28 Aprile 2015
Se vi siete mai chiesti com’è che dall’impero fiorito del Sessantotto si arrivi al glitter e alla disco music, quella degli anni Settanta, questo è il libro che fa per voi. Non tanto perché risponda al quesito, compito arduo, ma poiché racconta la vicenda intima e commovente della nipote di un designer che, da Des Moines, capitale dell’Iowa, ha rifiutato l’estetica hippie per inventare la moda americana. Halston era qualcosa di più di un designer, era un club esclusivo. “La moda comincia con la gente alla moda”, ripeteva. Tanto che le fortunate che ne facevano parte venivano definite dalla stampa Halstonettes: Liza Minnelli – autrice della prefazione del libro – ne era la regina indiscussa. La mostra da poco conclusa al Fashion Institute of Technology di New York, Yves Saint Laurent + Halston, lo considera un po’ l’Yves Saint Laurent americano. Sebbene entrambi abbiano condiviso l’atmosfera degli anni Settanta, quando “la storia si faceva di notte” – a Manhattan, in particolare, si faceva allo Studio 54 –, lo stile era diverso. Il primo, dopo notti insonni a consultare vetusti libri d’arte, sui vestiti stampava Mondrian, il secondo i fiori di Andy Warhol. Anjelica Huston dentro un Halston si sentiva “ricca, elegante, e pronta a tutto”. Niente a che fare con Dynasty, comunque, i cui modelli, secondo Joan Collins, erano Yves Saint Laurent e Pierre Cardin. Halston, piuttosto, porta l’haute couture nel ready-to-wear, con linee minimaliste e fluenti, abiti che per un soffio non scivolano via, la celebrazione dell’energia americana. Tom Ford ne ha fatto una filosofia di vita. Pubblicato da Rizzoli International.
