Biennale di Venezia, Arte 2013
Israele

25 Settembre 2013

Ciò che fa Argia diversa dalle altre città è che invece d’aria ha terra. Le vie sono completamente interrate, le stanze sono piene d’argilla fino al soffitto, sulle scale si posa un’altra scala in negativo, sopra i tetti delle case gravano strati di terreno roccioso come cieli con le nuvole. Se gli abitanti possono girare per la città allargando i cunicoli dei vermi e le fessure in cui s’insinuano le radici, non lo sappiamo: l’umidità sfascia i corpi e lascia loro poche forze; conviene che restino fermi e distesi, tanto è buio.

Italo Calvino, Le città invisibili (VIII capitolo: Le città e i morti, 4)

C’è un buco al centro del Padiglione israeliano. È la fine di un tunnel sotterraneo, che collega Israele a Venezia. Un tunnel scavato da un’eccentrica compagnia di uomini e donne. Più che una spedizione speleologica, pare un’impresa epica. Lo scopo della traversata: un workshop di scultura all’interno del padiglione.

Gilad Ratman, The Workshop, 2013. Biennale di Venezia 2013. Padiglione Israele.

Gilad Ratman, The Workshop, 2013. Courtesy of Braverman Gallery.

Gilad Ratman, l’artista invitato a rappresentare Israele alla 55ma Biennale di Venezia, ci racconta una storia bizzarra e paradossale. La sua installazione, intitolata The Workshop, è composta da video, sculture d’argilla e da un impianto mixer. Non appena si varca la soglia dell’edificio, una melodia cupa, cavernosa avvolge il visitatore – pare emergere dalle profondità del cratere scavato nel mezzo, riporta i suoni e i rumori della terra. La musica accelera, le note baritonali scandiscono minacciosamente il tempo. Urla e lamenti strazianti prorompono nella stanza, in un crescendo che avviluppa le pareti. Ora, il fragore stridente di una conflagrazione, e poi il silenzio. I video illustrano le diverse fasi della spedizione: la partenza della compagnia nelle caverne d’Israele; il percorso sotterraneo attraverso il Medio Oriente e l’Europa; infine, l’arrivo a Venezia e l’inizio del workshop.

Gilad Ratman, The Workshop, 2013. Biennale di Venezia 2013. Padiglione Israele.

Gilad Ratman, The Workshop, 2013. Courtesy of Braverman Gallery.

Quest’ultimo consiste in un laboratorio di lavorazione dell’argilla. Ciascun componente del gruppo modella un proprio autoritratto scultoreo: la creta viene plasmata con ardore e brutalità – c’è chi prende a pugni il proprio calco, chi lo trafigge con delle spatole, chi accarezza il proprio volto con le dita. Nelle sculture sono impiantati dei microfoni, che registrano le grida e i muggiti degli esecutori – il workshop sembra un primitivo rituale dionisiaco. Un DJ, al piano inferiore, mixa i lamenti provenienti dalle protesi audio: è così che viene elaborata la musica che accoglie i visitatori del padiglione – una nenia sinistra, dolorosa, che rimanda a una dimensione primigenia, precedente a qualsiasi civiltà.

Gilad Ratman, The Workshop, 2013. Biennale di Venezia 2013. Padiglione Israele.

Gilad Ratman, The Workshop, 2013. Courtesy of Braverman Gallery.

L’installazione di Ratman – irrazionale, vitale, arcaica – rivela una profonda connotazione politica: riflette sul senso di confine e frontiera nazionale; mette in scena un’utopia, quella della libera circolazione tra le nazioni, resa possibile da un’immaginaria rete di canali sotterranei in grado di connettere segretamente l’intera superficie terrestre. Un modello, dunque, che guarda nostalgicamente a un originale stato di natura in cui non esistono entità politiche differenziate. L’artista, indubbiamente, allude a una situazione particolare e a lui vicina: i tunnel del contrabbando di Gaza, la “zona calda” del Medio Oriente, l’insanabile conflitto tra Israele e Palestina. Un conflitto che soltanto il sogno e l’utopia possono appianare.

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Federico Florian

Storico dell’arte e aspirante scrittore, vive a Milano e ha un debole per l’arte contemporanea. Collabora con Arte e Critica e altre testate. Violinista e instancabile viaggiatore, ama la buona letteratura. Sogna una critica d’arte agile e fresca, e aspetta di scrivere il romanzo perfetto.


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