17 Novembre 2014
“Signori, la festa è finita. Cala il sipario”, aveva dichiarato il 1 aprile 2011. E invece Maurizio Cattelan è tornato per ricordarci che moriremo tutti, ma non prima esserci fatti una sonora risata. La sua mostra per il programma espositivo di Artissima, in scena fino all’11 gennaio, si intitola Shit and Die, è curata insieme a Myriam Ben Salah e Marta Papini (due giovani donne, fatto di per sé sovversivo in Italia), ed è un viaggio nelle viscere di Torino: la città che fece impazzire Nietzsche, mecca dell’occulto e prima capitale del nostro travagliato Paese. A ispirarlo è stato One Hundred Live and Die (1984), un arcobaleno di neon colorati con cui Bruce Nauman sintetizzò l’essere nel mondo. Recuperarlo adesso, a trent’anni di distanza, è un omaggio all’artista americano, ma anche un ammonimento contro il delirio di onnipotenza che dà un iPhone in tasca. E non a caso, mentre il mercato dell’arte va in brodo di giuggiole per artisti sempre più multimediali, etichettati come “post-Internet”, Cattelan ci accoglie sulla scalinata di Palazzo Cavour, a Torino, con quarantamila banconote da un dollaro incollate alle pareti e tanta pittura, per parlare di proiezioni mentali, pensieri utopici, sessualità e status sociali. Spazio quindi all’ambiguità della materia, alla caricatura, alla provocazione e allo stupore con le opere di Alexandre Singh, Davide Balula, Carlo Mollino, George Condo, Martin Creed e altri. Shit and Die è imperdibile, anche se non è una mostra: semmai, è un viaggio in una casa fantasma, in cui il delirio di una mente artistica (o disfunzionale, a scelta) ha congegnato un percorso di schiaffi e carezze.
Foto / Photos: Zeno Zotti