CityLife, Milano
Hadid & Libeskind, Residenze

31 Luglio 2015

Il quartiere CityLife, realizzato dal Gruppo Generali in collaborazione con Allianz per riqualificare la zona della storica Fiera Campionaria di Milano, è stato accompagnato da polemiche sin dalla sua presentazione nel 2004. Con i suoi 255mila metri quadri, il piano di rigenerazione firmato da Zaha Hadid, Arata Isozaki, Daniel Libeskind e Pier Paolo Maggiora è stato accusato, da cittadinanza e architetti, di imporre un eccesso di cementificazione, di essere un’operazione biecamente commerciale e di non rispettare la tradizione architettonica cittadina. Sul banco degli imputati, sono finiti in primis i tre grattacieli, ribattezzati “il dritto, lo storto e il curvo”. Le polemiche non si sono fermate neppure con l’approvazione della variante del 2008 – voluta a fronte delle proteste della cittadinanza – che, oltre al prolungamento della Linea M5, prevede un ampliamento del parco che finirà per connettersi sia a Montestella sia a Parco Sempione. Nonostante i malumori, il grande progetto che si compone della terza area verde di Milano per dimensioni, di una zona residenziale di circa 660 appartamenti, di tre torri a destinazione direzionale, commerciale e servizi, di un asilo nido, percorsi pedonali e parcheggi sotterranei, marcia velocemente verso il completamento. I tre grattacieli saranno gli ultimi a essere ultimati – quello di Isozaki alla fine di quest’anno, quelli di Libeskind e Hadid entro tre anni –, ma i complessi residenziali sono già in fase avanzata: i sette edifici di Zaha Hadid sono appena stati completati (ospitano 230 unità d’abitazione), mentre delle otto strutture di Daniel Libeskind (355 unità d’abitazione) cinque sono pronte e tre saranno consegnate nel 2017. È già possibile osservare come i due progetti dialoghino tra loro. Li avvicina la predilezione per terrazze ad angolo e pannellature sulle facciate, oltre all’attenzione all’orientamento per sfruttare al massimo la luce del sole e godere del verde circostante. Li distingue, invece, lo sviluppo formale: gli edifici di Hadid sono un susseguirsi di volumi curvilinei inframmezzati da balconi e terrazzi, con un andamento orizzontale e angoli smussati che richiamano la topografia del parco cittadino. Quelli di Libeskind sono una successione di immobili dalle superfici sfaccettate che si sviluppano in verticale. Le facciate bianchissime progettate dall’anglo-irachena sono costruite in fibra di cemento con inserzioni di pannelli lignei che coprono parte dei balconi. Quelle dell’americano sono rivestite da piastrelle autopulenti in porcellana rinforzata (che sembra travertino), spezzate da grandi persiane ondulate realizzate con un polimero in fibra di bambù. L’intervento corale dei due architetti è sicuramente spettacolare. Difficile dire se sia una qualità o un difetto, dal momento che c’è chi ha già paragonato lo “sbarco” di questi complessi a Milano a quello delle grandi navi da crociera a Venezia. La scommessa sulla capacità di CityLife di produrre un buon modello di vita cittadina è decisamente aperta.

CityLife, Milano

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Loredana Mascheroni

Giornalista, pratica il design da sempre. Appassionata di arte contemporanea e architettura, lavora a Domus dal 1997 dopo un apprendistato decennale in riviste di settore e un esordio come giornalista TV che le ha lasciato un debole per le video interviste. Fa yoga e corre, per sciogliere le tensioni da tablet.


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